【歌劇】オペラ総合スレ 第7幕【楽劇】
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【グノー】オペラ総合スレ 第6幕【プッチーニ】
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【モーツァルト】オペラ総合スレ 第5幕【ヴェーバー
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【マスネ】オペラ総合スレ 第4幕【ロッシーニ】
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【ヴェルディ】オペラ総合スレ 第3幕【ベルク】
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【アレヴィ】オペラ総合スレ 第2幕【ドニゼッティ】
http://jfk.2ch.net/test/read.cgi/classical/1212883000/
【オッフェンバック】オペラ総合スレ【ワーグナー】
http://music8.2ch.net/test/read.cgi/classical/1178108078/ Vedrà l'empia, vedrà, che qual soglio
domar suo orgoglio
e abbatter sull'erba
ogn'alma superba
col braccio mio forte.
Caderà, se non cede quell'armi;
se vuol contrastarmi
vedrà con orrore,
che indarno al valore
si oppone la sorte. O Dio! sì dolci sguardi
vibra costei, ch'io già mi sento al core
nascere un certo affetto
che non so se d'amore
o pur di gratitudine sia figlio:
ma convien del periglio
avvertir la regina. Occhio che il sol rimira,
se altrove il guardo gira,
non scorge altro che orror
e del suo folle error
s'affanna e duole.
Tal, s'io mi volgo intorno,
torbido e oscuro il giorno
l'assembra a' mesti rai
doppoi ch'io rimirai
il mio bel sole. Ascolta.
Già scoperto il nemico
di cacciatrici femmine lo stuolo,
seguiva l'orme tue con piè veloce
per ricoverarsi in Temiscira a volo,
quando fuor della selva, ave sul ponte
varcasi il Termodonte,
fermò Martesia il piè sol per desio
di rimirar qual volto,
da lei non più veduto, ha il viril sesso:
tanto compiacque in esso
gli sguardi suoi, tanto fermassi e tanto
s'avanzar l'altre, che alla fìn, sorpresa
sola e senza difesa,
di quella schiera ostil che ci seguiva,
preda innocente, ella restò cattiva. Sento con qual diletto
mi dice un mio pensier,
che speri di goder,
che sia contento.
Già 'l mio soave affetto
discaccia ogni timor,
e dolce rende al cor
ogni tormento. Onde chiare che sussurrate,
ruscelletti che mormorate,
consolate
il mio desio;
dite almeno all'idol mio
la mia pena e la mia brama.
"Ama," risponde il rio,
"Ama," la tortorella,
"Ama," la rondinella.
Vieni, vieni, o mio diletto,
ch'il mio core
tutto affetto
già t'aspetta e già ti chiama.
Quanto per me fatale
fu la pietà di chi mi tolse al morso
del fiero orribil orso:
ah fosse almen presente,
come al pensiero, anche agli sguardi miei! Da due venti un mal' turbato
sembra il misero mio seno:
il veleno del timore,
e la speme dell'amor.
Ma sospirando
vado cercando
quel che più teme
il cor che geme
di due tiranni
sotto gl'affanni
speme e timor. Io sembro appunto
quell'augelletto
ch'al fin scampò
da quella rete, che ritrovò
ascosa trà le fronde.
Ché, se ben sciolto,
solo soletto
volando va;
pur timido non sa
dove rivolga il piè,
sì del passato rischio ei si confonde. Che intendo? O sorte! lo sceglier non potea
vittima del mio duol più degna e accetta
di Cinto alla gran dea,
e all'ardente desio di mia vendetta.
Or tu d'Apollo
casta germana,
al cui freddo splendore
delle belle auree stelle il raggio langue
gradisci l'olocausto il di cui sangue
che or sparge il zelo mio più che il mio sdegno,
pace renda al mio core e al mio regno. Che sento, ohimè, che fa? Qual mi divide
gran contrasto d'affetti il cor nel seno?
o voto! o vendetta!
o Cinzia! o giuramento!
o figlia, o mal da me ricordata!
Mal da me vendicata!
Col vendicarti, ah! ch'io t'uccido e spargo
il tuo col sangue altrui!
O figlia! O figlia, ahi perché qui non sei!
Io ti sento, io ti veggio,
che mi chiedi pietà, ma sento ancora
le voci degli dei; o dei troppo
temuti e troppo avversi! Figlia, dei,
che far deggio? Teseo, libero sei! O libertà crudele!
A qual funesto esiglio
condanni il core amante;
sol per allontanarmi dal mio bene
tu mi sciogli le piante.
O care mie catene!
Deh, perché mi togliete i vostri nodi!
I vostri nodi che tenean ristretto
il piede sol, ma fean godere al ciglio
vicini i rai dell'adorato oggetto.
Scorre il fiume mormorando,
urta in sassi e frange l'onda:
ma, baciando la sua sponda,
tutto lieto al mar sen va.
Il mio cor godea penando,
e correa lieto al periglio
ché il veder quel vago ciglio
val per vita e libertà. Avea, per la rapita
figlia, Antiope giurato
alla triforme dea di propria mano
svenar un nobil Greco,
sul collo mi pendea di già la scure,
allor che fece Amore
d'Ippolita nel seno
nascer pietade; ella sen corse al tempio,
e opportuna con l'armi
trattenne il colpo e impedì lo scempio. Quest'atto generoso
ad Ippolita Alcide
amico render può, nonché pietoso;
anzi ad Antiope istessa
piu nemico non son, s'ella mi cede
quell'armi che Euristeo per me le chiede.
Non sia della vittoria
giammai che oscuri il vanto
ombra di crudeltà.
Di vincere, la gloria
mi basta e mia sarà. No, mio caro Teseo, tua servo sono,
e di tua serva il titolo mi basta
per compensar la perdita d'un regno.
Ti seguirò fedele ave tu vada,
l'armi ti recherò nella battaglia,
e da nemici strali
riparo ti farò col petto ignudo;
sarò qual più vorrai: scudier o scudo. E tu, fato crudel, che mi togliesti
la figlia, la vendetta, il regno e l'armi,
la vita vuoi lasciarmi
non già per tua pietà, ma per mia pena,
perché in servii catena,
strascinata colà sul greco lito,
dall'attiche donzelle
illustre spoglia io sia mostrata a dito:
ma t'inganni; infelice
tanto non è chi può morir, mi resta
anch'in man questo ferro, or nel mio petto
l'immergo, e a tuo dispetto
morir voglio regina, qual son io;
figlia, io moro, e col cor ti dico - addio. Scenderò, volerò, griderò
sulle sponde di Stige, di Lete
risvegliando furori e vendette
di Megera e d'Aletto nel cor.
Rio destin, del mio sangue la sete
sazia pur, che già Dite m'aspetta
nuova furia del suo cieco orror. Alcina; poiché alquanto
Disacerba il suo duolo un'alma amante
Narrando i mali suoi,
Sappi che mille strali
Vibrò da queste or languide pupille
Il faretrato arciero:
Agricane, Rinaldo, Ferraù,
Sacripante, Orlando, e mille
Famosi in arme, e coronati in soglio
Arser tutti d'amor per questi lumi.
Io con la speme sola
Tutti allettai; ma per alcun d'amore
Io non sentii le pene: sdegnossi al fine
Il possente Signor, e del mio core
Prese vendetta: innanzi a gl'occhi miei
Viene il leggiadro amabile Medoro;
E appena il rimirai,
Ch'arsi Alcina d'amore, e sospirai. Alza in quegl’occhi
Amore l’impero;
ma il sguardo guerriero,
che spande terrore,
il cor mi spaventa.
E benché la speme
a l’alma dubbiosa
or rechi conforto
risorge il timore,
che l’alma tormenta. Insolito coraggio ora in quest'alma
Porta di Malagigi
I fatidici sensi egli del Nume
Ebro, e ripieno in me lo sguardo fisse,
E nel sagro furor così mi disse:
Orlando, allora il ciel per te dispose
Le fortune d'amor, quando ad Alcina
Involerai le ceneri famose,
Ch'involser di Merlin l'alma divina.
Spera, coglier potrai le gloriose
Palme, ch'il fato al tuo poter destina:
Per te sia l'immortal custode estinto,
E'l poter della maga oppresso e vinto.
Amorose mie brame
Non più duol e timor: speriam ben tosto
Sarem, io glorioso, e voi contente.
Malagigi il promise, egli non mente.
Nel profondo cieco Mondo
Si precipiti la sorte
Già spietata a questo cor.
Vincerà l'amor più forte
Con l'aita del valor. Te perduta, te cerco, e giunto al mare
Legno di Logistilla
M'accoglie: sciolto abbiam le vele appena,
Che da navi nemiche intorno cinti
Siam combattuti, e vinti.
Ferito io resto, e prigionier: s'adira
Nettuno, ed il naufragio a noi minaccia;
Sgravansi per sottrarsi a'i di lui sdegni
Dall'inutili somme i carchi legni.
Rimango il primo absorto,
E sepolto nell'onde in pria che morto.
L'onda qua, e la m'incalza,
E sovra il mar m'innalza.
Il ciel riveggo,
e innanzi a gl'occhi miei
L'instabil flutto un picciol legno adduce;
Tosto l'afferro; e mentre chiedo aita,
Quando morte io temea trovo la vita. Ahi, crudele gelosia, tiranna degli affetti
così presso il mio ben reo mi rendesti.
Troppo è fiero il nume arcero,
qunado in sen di chi ben ama
d’una fredda gelosia
il velen spargendo va.
Ma consola l’alma mia
il pensier che il mio timore
già nel core del mio ben
destò pietà. Ove trascorsi oh Dei?
Olimpia io son (mentasi il nome) e quello
Il perfido Bireno.
Egli il giglio più bel su questo seno
Sfrondò con fé di sposo,
Poscia m'abbandonò: s'egli sospira,
Son mentiti i sospiri. Se lo crede Bireno, ella s’inganna.
E se Ruggiero il crede,
Invan spera di lui
costanza e fede.
Ei già di questi rai cede all’impero
lo siegua, il cor non teme, è mio Ruggiero.
Amorose ai rai del sole
son le rose e le viole
ed il sol co’ raggi ardenti
pur talor languir le fa.
Benché senta il mio diletto
nuovo fuoco dentro il petto
amerà sempre costante
la mia bella fedeltà. Al vento spargi omai le tue querele.
Vorresti amor da me?
L'avrai, l'avrai;
Ma non sperar, che mai
Al solo solo foco
De tuoi languenti rai
Arda il mio cor:
T'inganni se lo credi,
Sei cieco, se non vedi,
Ch'io contenta non son
D'un solo amor. Protegga il cielo i tuoi disegni, e sia
La tua vendetta ancor vendetta mia.
Benché nasconda
La serpe in seno
Spietata, e immonda
Il rio veleno,
È men crudele
Dell'infedele
Che t'ingannò.
È pieni di frodi
Il Regno infido,
E in altro lido Io fuggirò. Che d'ira generosa illustre figlio
L'altra virtù di nobil alma addita.
Consolati Ruggier; come si vede
Dopo un turbine rio,
Splender più chiara in ciel stella serena,
Così quell'alma irata
Tosto vedrai, da sdegni suoi placata.
Sorge irato nembo,
E la fatal tempesta,
Col mormorar dell'onde,
Ed agita, e confonde,
E cielo e mare.
Ma fugge in un baleno
L'orrida nube infesta,
E l'placido sereno
In cielo appare. Ah, ch'in partir timido e mesto il core,
È costretto a penar lungi al suo bello
Fra speranza, e timore.
Qual candido fiore
Che sorge nel prato
Rinasce nel core
La bella mia speme,
Poi torna a perir;
Son troppo felice
Se amarti mi lice
Ma l'anima amante
Fedele e costante
Lontan dal suo bene
Si sente languir. Precipizio ch'altrui morte saria
Raddoppia in me il vigor.
Mostro, mostro, ove sei?
Ti sfido esci; paventi
Uscirmi a fronte? A te la vita lascio;
Né dell'orrido teschio ornar pretendo;
Né dell'irsute cuoia i miei trionfi.
L'acque m'addita o quest'orribil speco
Di te covile io struggerò, e rapina
Farò di lor. Ingratissima Angelica. Il mio core
Presa lena maggior da' sdegni suoi
Giusto furor traspira.
Uscirò infida, ed il tuo nuovo amore
Calpesterò tutto dispetto, ed ira.
All'estrema mia possa
Altro sasso già cede: aperto è il passo.
Esce da tua prigione, Alcina, Orlando,
Dell'infame tuo Regno
A far scempio crudele, e memorando. Narrate i miei contenti,
frondi erbe e fiori,
antri, aure, venti.
Vinto ha già l’alma mia.
Il mio fido Ruggier tornò qual pria.
Se cresce un torrente con torbida piena
E rompe la sponda, altera si spande
Ne’ campi quell’onda
E freno non ha.
La gioa è sì grande che l’anima sente
Che il cor si risente e dentro se stesso
L’estremo piacere racchiuder non sa. Ah sleale, ah spergiura,
Donna ingrata infedel cor traditore;
Del tuo malnato errore
Vengo a smorzar... oh ciel, che leggo?
Ahi lasso!
EVivan sempre amorosi,
Angelica, e Medoro amanti, e sposi".
Angelica, e Medoro amanti, e sposi?
Questa è la scure, la scure,
Ahimé, ch'il capo tronca alla mia speme.
Di Medoro il mio bene?
Sgorgate, o lagrime
A fonti, a rivi.
No, ch'è poco, a torrenti, a fiumi, a mari.
Arde Orlando, che Orlando?
Eh, Orlando è morto.
La sua donna ingratissima l'ha ucciso.
Io son lo spirto suo da lui diviso,
E son con l'ombra mia, che sol s'avanza
Esempio a chi in
amor pone speranza. "Angelica qui fu sposa a Medoro".
Chi segnò quest'alloro!
Lo vergò di sua man la mia tiranna,
V'impresse di sua mano il mio martoro.
Amanti e sposi? oh Dei! Sposa a Medoro!
Vendetta, sì vendetta incontro amore;
Or n'ho trovato il modo,
Per cacciarmel dal sen
trarommi il core.
Io ti getto elmo, ed usbergo:
Ite o piastre e maglie al suolo.
(Legge nel mirto segnato da Medoro)
"Medoro qui d'Angelica fu sposo"!
A te mirto orgoglioso
Vò sfrondarti, schiantarti
Sino all'ultimo bronco,
Ed estirpar dalla radice il tronco.
Ho cento vanni al tergo
Ho duecent'occhi in fronte,
E nel furor che ho in sen
M'adiro almeno almen con mille cuori.
Sopra quei vanni io m'ergo
Volo dal piano al monte
Quelle pupille io miro:
Con tutti i cuor. Sospiro.
Occhi, vanni, furor, cuori, oh martoro!
Amanti, e sposi Angelica, e Medoro! Sì, contro Alcina alla vendetta
Accingiamoci, o Ruggier: Melissa puote
Quelle mura d'acciaro
A' nostri passi aprir; se meco sei,
Se l'amazzone nostra a noi s'unisce
Nulla temo il poter de' Stigj dei.
Dove il valor combatte
Nulla il vigor potrà
D'inferno irato.
Se l'empietà s'abbatte,
Contro del suo rigor
Congiura il fato. L'arco vo' frangerti,
La face spegnerti
Tiranno barbaro,
Nume d'amor.
Ma invan minaccio amor, ride il superbo
Dell'ire insane mie: te se non posso
Atterirò di Flegetonte i Dei.
Numi orrendi d'Averno
Sin dal profondo inferno
L'orride piume a' miei comando ergete.
Volate, che tardate a' cenni miei?
Che sì pigri, che sì... Aldarico son io.
Ruggiero infido d’una germana mia
il credulo bel cor trasse ad amore,
poscia ingrato, incostante l’abbandonò!
Per cancellar quest’onta
sieguo in Ruggier la mia vendetta,
e il trovo, ma in van,
ch’ei spiega ratto all’aure, ai venti,
mincciando a me morte a te ruina. Senti.
Senti, senti, e compiangi
La storia miserabile, ma vera.
Il mio povero amore una bellezza
Avea invitato al ballo, allora quando
Madama crudeltà, monsù rigore,
Nemici giuratissimi d'amore
Fecero il bel desire (ahi, cruda sorte)
Fecero il bel desir riuscire invano. All'invito gentil, ch'amor le fa
Madam la crudeltà,
Con guardo torvo e minaccioso aspetto
Disse: petit fripon, je ne veux pas;
Ed il rigor, presa beltà per mano,
Lasciò con passo grave e ciera brutta,
Il mio povero amore a bocca asciutta.
Deh appaghi ella il mio amor meco danzando.
Danziam signora la follia d'Orlando.
Suonate, suonate! O, ingiusti numi, o fati,
o avverse stelle,
Troppo fiero è il mio duolo, e l'onta mia.
Ti perdo, empio Ruggiero,
e già riveggo
In Alderico ancor la mia rivale,
Tutto per me è fatale.
Torna il senno ad Orlando
E senza forza è in fin la mia magia.
Oh ingiusti numi! O fati! O avverse stelle!
Anderò, chiamerò dal profondo
L'empie furie del baratro immondo.
Chiederò negl'abissi vendetta
Dell'offeso e tradito mio amor. Con mirti e fiori
Volate amori
A coronare
Costanza e fé.
S'ama costante,
Fedele, amante,
Gode in amare
Per fin mercé. Nerone, amato figlio; è questo il tempo,
in cui la tua fortuna
prender potrai pe’l crine, ed arrestarla.
Oggi propizio fato la corona de’ Cesari ti porge.
Svelo a te ciò che a tutti è ignoto ancor.
Prendi, leggi! e vedrai,
e ciò che la mia mente dispone
a tuo favor poscia saprai. “Col duolo a cuor e con il pianto al ciglio
questo fogli ti invio, Sovrana Augusta;
di tempestoso mar nel gran periglio
rimase assorta l’aquila latina,
e Claudio, il tuo Consorte,
nell’eccidio comun trovò la morte.”
Claudio morì? Che sento? Vuoto è il trono del Lazio,
e a riempirlo per te suda mia mente;
già maturo all’impero,
del quinto lustro oggi al confin sei giunto;
in questo dì fatal voglio che Roma
cinga il Cesareo allor alla tua chioma. Senti! Occulta quanto sai,
l’alterigia deponi, umil diventa;
va tra le turbe, e con modesto ciglio
ogn’uno accogli;
a’ poveri dispensa l’or, che nascosto tieni,
commisera il lor stato, e s’hai nel cuore
o senso di vendetta o stimolo d’amore,
copri l’un, l’altro cela;
e non fia grave la finzione all’interno;
se vuoi regnar, i tuoi desir correggi,
che al desio di regnar cedon le leggi. Per vendicar di Menelao l'offesa,
cui Paride troian, di Priamo un figlio,
tradì l'ospizio santo ed in Micene
già rapì la consorte Elena bella,
tutta la Grecia è in armi
per l'eccidio di Troia. A te n'invia
il re de' regi Agamennone: ei brama
che Licomede re di Sciro sia
a parte ancor della comun vendetta,
e le tue navi all'alta impresa aspetta. Ma non è questo sol ciò che ti chiede
la Grecia tutta. Il celebre Calcante,
cui l'avvenir fanno palese i numi,
disse che, senza Achille
Troia espugnar non lice. A molti è noto
che, timoroso il genitor Peleo
della morte del figlio, a te il mandasse
per occultarlo. Grecia tu offendi,
Troia difendi,
se Achille vuoi salvar.
Quel che di Giove
dal ciglio move
sai che non può mancar.
Colpo di fato,
quand'altri ha spene
che sia scampato,
allor lo viene
ad incontrar. Al tardar della vendetta,
o la scorda o non l'aspetta,
e sen ride l'offensor.
Alfin l'empio scorger suole
che in esempio il ciel lo vuole
castigato dall'error. Violenti diporti
lunge da noi l'allettan sempre. Eurilla,
vanne in traccia e ver noi l'affretta. Oh quanto
temo che delle selve
la cacciatrice Dea non ce la involi,
per aver gara ad inseguir le belve.
(Ma chi sa se mi riama il mio bene.
Ahi, non viene con la brama
ch'io l'aspetto!)
Nerea, ma tardar tanto ella non suole:
temo sinistro evento. Alla delizia del cor mio diletta
sempre fido sarò, sempre amoroso.
Ma questi dolci affetti
aman troppo il riposo:
no, non arrestin corso
ad altri bei diletti, e poscia a quelle
da me aspettate opre d'onor più belle. Se pensi, Amor, tu solo
per vezzo e per beltà
regnare in questo sen,
Amor, t'inganni.
Non perde mai del volo
augel la libertà,
che spesso al caro ben
rivolge i vanni. Invano, o principessa,
qui di Peleo venni a cercare il figlio.
Ma di speme delusa
alto compenso fia
del tuo padre real l'aiuto offerto,
e i gran pregi ammirar di Deidamia Perdere il bene amato
che il Fato e Amor ti diè,
l'estremo è del dolor.
Ma del vederla ancor
ad un rivale in braccio
morte peggior non è.
Furore disperato
t'agita l'alma allor:
ognun dovrebbe armato
teco punir l'error,
perché l'istesso affanno
deve temer per sé. Da questi scaltri ospiti greci è d'uopo
lunge tener quanto possibil fia
il travestito Achille,
l'amata anima mia.
In dolce corrisposto affetto ascoso
chi è di me più felice?
Soccorri i tuoi seguaci, Amor pietoso. Deidamia qui veggo
appressarsi, e un guerrier seco: chi mai,
qui non veduto ancor, fia questi? Oh quanto
vago è quel bianco e tremulo cimiero
su quel dorato elmetto!
Ben se gli assetta il fino usbergo, e pende
leggiadro inver dal poderoso fianco
il brando decisor d'impegni! In quella
siepe ascondomi a udir quel ch'ei favella. Venne dal core, è vero:
dal cor che i primi tuoi sguardi vezzosi
ferito han sì che risanarlo soli
altri sguardi potran dolci amorosi.
Non mi rispondi? e di vermiglia rosa
spargi le guance dilicate? Un fido
amor dettò quel ch'ora il labbro dice. Un guardo solo,
pupille amate:
conforto al duolo,
deh, non negate:
ma un guardo, o care,
in cui sfaville
d'Amor la face.
Ogn'altro sguardo
che a me volgete
è freddo, è tardo:
deh, mi rendete,
pietose, vezzose,
al cor la pace. Il tutto intesi. Oh quanto
ti dilettaron di beltà le lodi,
ti piacquero gli affetti ed i sospiri!
Avresti fino al tramontar del giorno,
s'ei non partiva, udito il nuovo amante. Lasciami.
Tu sei fedele?
Vattene.
Tu sei costante?
Ah, lasciami, infedele,
non posso amarti più.
Scegliere
vuò un altr'oggetto,
ardere
d'un altro affetto.
Che potrai dir, crudele?
Farò quel che fai tu. D'amor ne' primi istanti
facili son gli amanti
a farsi lusingar
solo per vanità.
Del merto lor l'effetto
credono quell'affetto,
e il vanto voglion dar
più a sé che alla beltà. Lusinghe allettatrici
son queste sì, ma son lusinghe sole.
Raro ben si rannoda
laccio d'amor che dallo sdegno è sciolto.
Speme allettar mi vuole,
e pur sol del timor le voci ascolto.
Forse Achille ricopre
di sdegnoso color nuovo pensiero
d'abbandonarmi.
Oh dei, come viver potrò,
se questo è vero! Nice, Nice, che fai? Non odi come
Garriscon tra le frondi
De' floridi arboscelli
I mattutini augelli,
Che al rosseggiar del Gange
Escono a consolar l'Alba che piange?
E tu mentre fiammeggia
Su l'Indico orizzonte
Co' primi rai la rinascente aurora,
Placida dormi, e non ti desti ancora,
E poi dirai: son io
Della casta Diana
La fortunata Nice
Compagna cacciatrice?
Lascia, lascia le piume,
Neghittosa che sei; sorgi e raguna
Per la futura caccia
Dai lor soggiorni fuori
Silvia, Aglauro, Nerina, Irene e Clori. Tu mi condanni a torto,
Bella Dea delle selve. E quando mai
O per scosceso monte,
O per erta pendice
A seguir l'orme tue fu lenta Nice?
Fra quante a te compagne
Gli strali e l'arco d'or trattaron mai,
Seguace più fedel di me non hai.
Ed or, perchè un momento
Forse più dell'usato
Al sonno m'abbandono,
Neghittosa mi chiami, e pigra io sono? Ah Nice, tu non sei
Quale un tempo ti vidi. Or presso al fonte
Ricomponi ed adorni
Fuor del tuo stil con troppa cura il crine;
Erri per le montagne
Solitaria e divisa
Dall'amate compagne;
Più le fere non curi,
Sempre pensi e sospiri, e porti impressi
I nuovi affetti tuoi nel tuo sembiante:
O Diana non sono, o Nice è amante. Non più, taci, ch'ormai
Per le lucide vie s'avanza in cielo
L'alto Nume di Delo,
E col calido raggio
De' rugiadosi umori
L'erbe rasciuga, e impoverisce i fiori.
Vanne, e pronta al mio cenno
Le compagne risveglia, i veltri aduna
E teco pensa intanto
Che Ninfa a me diletta
Io non vo' che si dica
D'Amor seguace e di Diana amica Alceste è il nome mio; di Cipro in seno
Apersi i lumi ai primi rai del giorno,
E fin da' mici natali
Fur mio dolce pensier l'arco e gli strali.
Ma perchè di sue prede
Povero ho fatto il mio natìo paese,
Desioso ne vengo a nuove imprese. Care selve romite,
Un tempo a me gradite,
E del crudo idol mio meno inumane,
Deh lasciate ch'io sfoghi
Delle vostr'ombre almeno
Col taciturno orrore,
Se con altri non posso, il mio dolore. Se questa hai tu perduta,
Non mancano altre fere alla foresta.
Deh meco il passo arresta!
Forse che a questa fonte
La sete, il caso o la sua sorte il guida.
Tu posa intanto il fianco
Sul margine odoroso
Di quel limpido rio,
(Il vo' dir tuo malgrado ) idolo mio. Lode al Ciel, che partissi.
Or posso a mio talento
Nel molle erboso letto
Dolce posar l'affaticato fianco.
Oh come al sonno alletta
Questa leggiadra auretta!
Deh vieni, amico sonno,
E dell'onda di Lete
Spargendo il ciglio mio,
Tutti immergi i miei sensi in dolce obblio. Di queste antiche piante
Sotto l'opaco orrore
Tu dormi, Endimion; ma veglia Amore.
Or or vedrem per prova
Se il tuo rigor ti giova.
Ma da lungi rimiro
La Dea del primo giro.
Voglio di quell'alloro
Fra le frondi occultarmi,
E degli oltraggi loro
Con leggiadra vendetta or vendicarmi.
Alme che Amor, fuggite,
Tutte ad Amor venite:
Non più, com'ei solea,
Asperse di veleno ha le saette,
E Son soavi ancor le sue vendette. Silvia, Elisa, Licori,
Tutte da me vi siete
Dileguate in un punto.
Ma un cacciator vegg'io
Che dorme sulla sponda
Di quel placido rio.
Farmi, se non m'inganno,
Uno de' miei seguaci. Oh come immerso
Nella profonda quiete
Dolcemente respira!
Quei flessuosi tralci
Che gli fan con le foglie ombra alla fronte,
Quel garruletto fonte
Che basso mormorando
Lusinga il sonno e gli lambisce il piede,
Quell'aura lascivetta
Che gli errori del crine agita e mesce,
Quanta, oh quanta bellezza, oh Dio, gli accresce!
Zeffiretti leggierj,
Che intorno a lui volate,
Per pietà, nol destate;
Che nel mirarlo io sento
Un piacer che diletta, ed è tormento. Crudel, così d'un Nume
Tu schernisci gli affetti?
Pria l'amor mi prometti,
Poi mi nieghi l'amore?
E il misero mio core
Ritrova in un istante,
Ma con incerta sorte,
Nel tuo labbro incostante e vita e morte.
O mi scaccia, o mi accogli;
Nè cominciare, ingrato,
Or che vedi quest'alma
Entro la tua catena,
A prenderti piacer della mia pena. Semplice fanciulletto,
Se al tenero augelletto
Rallenta il laccio un poco,
Il fa volar per gioco,
Ma non gli scioglie il piè.
Quel fanciullin tu sei,
Quell'augellin son io;
Il laccio è l'amor mio
Che mi congiunge a te. Je ne pourrai plus sortir de cette forêt!
Dieu sait jusqu'où cette bête m'a mené.
Je croyais cependant l'avoir blessée à mort; et voici dans traces de sang.
Mais maintenant, je l'ai perdue de vue, je crois que je me suis perdu moi-même,
et mes chiens ne me retrouvent plus.
Je vais revenir sur mes pas.
J'entends pleurer...
Oh! Oh! qu'y a-t-il là au bord de l'eau?
Une petite fille qui pleure au bord de l'eau?
(Il tousse.)
Elle ne m'entend pas,
Je ne vois pas son visage.
(Il s'approche et touche Mélisande à l'aule.)
Pourquoi pleures-tu?
(Mélisande tressaille, se dresse et veut fuir.)
N'ayez pas peur vous n'avez rien à craindre.
Pourquoi pleurez-vous, ici, toute seule? Voici ce qu'il écrit à son frère Pelléas:
(simplement et modéré)
"Un soir, je l'ai trouvée tout en pleurs au bord d'une fontaine,
dans la forêt où je m'étais perdu.
Je ne sais ni son âge, ni qui elle est, ni d'où elle vient
et je n'ose pas l'interroger, car elle doit avoir eu une grande épouvante,
et quand on lui demande ce qui lui est arrivée,
elle pleure tout à coup comme un enfant, et sanglote
(d'une voix étouffée)
si profondément qu'on a peur.
Il u a maintenant six mois que je l'ai épousée
et je n'en sais pas plus que le jour de notre rencontre,
En attendant, mon cher Pelléas, toi que j'aime plus qu'un frère,
bien que nous ne soyons pas nés de même père,
en attendant, prépare mon retour...
(avec une émotion contenue)
Je sais que ma mère ma pardonnera volontiers.
Mais l'ai peur d'Arkel, malgré toute sa bonté.
S'il consent néanmoins à l'accueillir, comme il accueillerait sa propre fille,
le troisième suivra cette lettre,
allume une lampe au sommet de la tour qui regarde la mer.
Je l'apercevrai du pont de notre navire,
si non j'irai plus loin et ne reviendrai plus..."
Qu'en dites-vous? Je n'en dis rien.
Cela peut nous paraître étrange,
parce que nous ne voyons jamais que l'envers des destinées,
l'envers même de la nôtre...
Il avait toujours suivi mes conseils jusqu'ici,
j'avais cru le rendre heureux en l'envoyant
demander la main de la princess Ursule...
Il ne pouvait pas rester seul,
et depuis la mort de sa femme il était triste d'être seul;
et se mariage allait mettre fin à de longues guerres, à de vieilles haines...
Il ne l'a pas voulu ainsi.
(avec une émotion grave)
Qu'il en soit comme it a voulu:
je ne me suis jamais mis en travers d'une destinée;
il sait mieux que moi son avenir.
Il n'arrive peut être pas d'événements inutiles. Grand-père, j'ai reçu en même temps
que la lettre de mon frère une autre lettre;
Une lettre de mon ami Marcellus...
Il va mourir et il m'appelle...
Il dit qu'il sait exactement le jour où la more doit venir...
Il me dit que je puis arriver avant elle si je veux,
mais qu'il n'y a pas de temps à perdre. Il faudrait attendre quelque temps cependant,
Nous ne savons pas ce que le retour de ton frère nous prépare
Et d'ailleurs ton père n'est il pas ici, au-dessus de nous,
plus malade peut-être que ton ami...
Pourras-tu choisir entre le père et l'ami?... Oui; cela m'étonnait ainsi quand je suis arrivée ici,
et cela étonne tout le monde.
Il y a des endroits où l'on ne voit jamais le soleil.
Mais l'on s'y fait si vite...
Il y a longtemps, il y a longtemps...
Il y a presque quarante ans que je vis ici
Regardez de l'autre côté, vous aurez la clarté de la mer. Vous ne savez pas où je vous ai menée?
Je viens souvent m'asseoir ici vers midi,
lorsqu'il fait trop chaud dans les jardins.
On étouffe aujourd'hui, à même à l'ombre des arbres. Ah! ah! tout va bien, cela ne sera rien.
Mais je ne puis m'expliquer comment cela s'est passé.
Je chassais tranquillement dans la forêt.
Mon cheval s'est emporté tout a coup sans raison...
A-t-il vu quelque chose d'extraordinaire?
(En animant peu à peu et sourdement agité.)
Je venais d'entendre sonner les douze coups de midi.
Au douzième coup, il s'effraie subitement
et court comme un aveugle fou contre un arbre!
(en se calmant)
Je ne sais plus ce qui est arrivé.
Je suis tombé, et lui doit être tombé sur moi;
je croyais avoir toute la forêt sur la poitrine.
Je croyais que mon cœur était déchiré.
Mais mon coeur est solide.
Il paraît que ce n'est rien... Qu'est-ce donc?
Ne peux-tu pas te faire à la vie qu'on mêne ici?
Il est vrai que ce château est très vieux et très sombre...
Il est très froid et très profond.
Et tous ceux qui l'habitent sont déjà vieux.
Et la campagne peut sembler triste aussi,
avec toutes ces forêts, toutes ces vieilles forêts sans lumière.
Mais on peut égayer tout cela si l'on veut.
Et puis, la joie, la joie, on n'en a pas tous les jours:
Mais dis-moi quelque chose;
n'importe quoi, je ferai tout ce que tu voudras... C'est donc cela qui te fait pleurer, ma pauvre Mélisande?
Ce n'est donc que cela?
Tu pleures de ne pas voir le ciel?
Voyons, tu n'est plus à l'âge où l'on peut pleurer pour ces choses...
Et puis l'été n'est pas là?
Tu vas voir le ciel tous les jours.
Et puis l'année prochaine...
Voyons, donne-moi ta main; donne-moi tes deux petites mains.
(Il lui prend les mains.)
Oh! ces petites mains que je pourrais écraser comme des fleurs...
Tiens, où est l'anneau que je t'avais donne? Eh bien, c'est là...
Il faut que ce soit là...
Oui, oui; je me rappelle.
J'y suis allée ce matin, ramasser des coquillages pour le petit Yniold
...
Il y en a de très beaux...
Elle a glissé de mon doigt...puis la mer est entrée
et j'ai dû sortir avant de l'avoir retrouvée. Maintenant, tout de suite, dans l'obscurité...
J'aimerais mieux avoir perdu tout ce que
j'ai plutôt d'avoir perdu cette bague...
Tu ne sais pas ce que c'est.
Tu ne sais pas l'où elle vient.
La mer sera très haute cette nuit.
La mer viendra la prendre avant toi...dépèche-toi... Oui; c'est ici, nous y sommes.
Il fait si noir que l'entrée de la grotte
ne se distingue plus du reste de la nuit...
Il n'y a pas d'étoiles de ce côté.
Attendons que la lune ait déchiré
ce grand nuage elle éclairera toute la grotte
et alors nous pourrons entrer sans danger.
Il y a des endroits dangereux et le sentier est très étroit,
entre deux lacs dont on n'a pas encore trouvé le fond.
Je n'ai pas songé à emporter une torche ou une lanterne.
Mais je pense que la clarté du ciel nous suffira.
Vous n'avez jamais pénétré dans cette grotte? Entrons-y...
Il faut pouvoir décrire l'endroit où vous avez perdu la bague,
s'il vous interroge.
Elle est très grande et très belle,
elle est pleine de ténèbres bleues.
Quand on y allume une petite lumière,
on dirait que la voûte est couverte d'étoiles, comme le ciel.
Donnez-moi la main, ne tremblez pas ainsi.
Il n'y a pas de danger; nous nous arrêterons au moment
où nous n'apercevrons plus la clarté de la mer...
Est-ce le bruit de la grotte qui vous effraie?
Entendez-vous la mer derrière nous?
Elle ne semble pas heureuse cette nuit... Mes longs cheveux descendent jusqu'au seuil de la tour;
Mes cheveux vous attendent tout le long de la tour,
Et tout le long du jour,
Et tout le long du jour.
Saint Daniel et Saint Michel,
Saint Michel et Saint Raphaèl,
Je suis née un dimanche,
Un dimanche à midi... Non, non, non!
Je n'ai jamais vu de cheveux comme les tiens, Mélisande!
Vois, vois, vois, ils viennent de si haut
et ils m'inondent encore jusqu'au coeur;
Ils m'inondent encore jusqu'au genoux!
Et ils sont doux, ils sont doux comme s'ils tombaient du ciel!
Je ne vois plus le ciel à travers tes cheveux.
Tu vois, tu vois? Mes deux mains ne peuvent pas les tenir;
il y en a jusque sur les branches dy saule...
Ils vivent comme des oiseaux dans mes mains,
et ils m'aiment, ils m'aiment plus que toi! Je les noue, je les noue aux branches du saule...
Tu ne t'eniras plus...tu ne t'en iras plus...
regarde, regarde, j'embrasse tes cheveux...
Je ne souffre plus au milieu de tes cheveux...
Tu entends mes baisers le long de tes cheveux?
Ils montent le long de tes cheveux...
Il faut que chacun t'en apporte...
Tu vois tu vois, je puis ouvrir les mains...
J'ai les mains libres et tu ne peux plus m'abandonner... Ce que je fais ici?
Je...Vous êtes des enfants...
Mélisande, ne te penche pas ainsi à la fenêtre, tu vas tomber...
Vous ne savez pas qu'il est tard?
Il est près de minuit.
Ne jouez pas ainsi dans l'obscurité.
Vous êtes des enfants... Eh bien, voici l'eau stagnante dont je vous parlais...
Sentez-vous l'odeur de mort qui monte?
Allons jusqu'au bout de ce rocher qui surplombe et penchez-vous un peu;
elle viendra vous frapper au visage.
Penchez-vous; n'ayez pas peur...je vous tiendrai, donnez-moi...
Non, non, pas la main...elle pourrait glisser...le bras.
Voyez-vous le gouffre, Pelléas? Ah! je respire enfin! j'ai cru, un instant,
que j'allais me trouver mal dans ces énormes grottes;
j'ai été sur le point de tomber...
Il y a là un air humide et lourd comme une rosée de plomb
et des ténèbres épaisses comme une pâte empoisonnée.
Et maintenant, tout l'air de toute la mer!
Il y a un vent frais, voyez, frais comme une feuille qui vient de s'ouvrir,
sur les petites lames vertes.
Tiens!
On vient d'arroser les fleurs au bord de la terrasse
et l'odeur de la verdure et des roses mouillées mont jusqu'ici.
Il doit être près de midi; elles sont déjà dans l'ombre de la tour...
It est midi, j'entends sonner les cloches
et les enfants descendent vers la plage pour se baigner...
Tiens, voilà notre mêre et Mélisande à une fenêtre de la tour... Oui, elles se sont réfugiées du côté de l'ombre.
A propos de Mélisande, j'ai entendu ce qui s'est passé
et ce qui s'est dit hier au soir.
Je le sais bien, ce sont là jeux d'enfants;
mais il ne faut pas que cela se répète.
Elle est très délicate, et il faut qu'on la ménage d'autant
plus qu'elle sera peut-être bientôt mêre,
et la moindre émotion pourrait amener un malheur.
Ce n'est pas la première fois que je remarque qu'il pourrait
y avoir quelque chose entre vous...
Vous êtes plus âgé qu'elle, il suffira de vous l'avoir dit...
Evitez-la autant que possible; mais sans affectation,
d'ailleurs, sans affectation... Je sors de la chambre de mon père.
Il va mieux.
Le médecin nous a dit qu'il était sauvé...
Il m'a reconnu.
Il m'a pris la main et il m'a dit de cet air étrange
qu'il a depuis qu'il est malade:
"Est-ce toi, Pelléas?
Teins, je ne l'avais jamais remarqué,
mais tu as le visage grave
et amical de ceux qui ne vivront pas longtemps...
Il faut voyager; il faut voyager..."
C'est étrange, je vais lui obéir...
Ma mère l'écoutait et pleurait de joie.
Tu ne t'en es pas aperçue?
Toute la maison semble déjà revivre.
On entend respirer, on entend marcher...
Ecoute; j'entends parler derrière cette porte.
Vite, vite, réponds vite, où te verrai-je? Maintenant que le père de Pelléas est sauvé
et que la maladie, la vieille servante de la mort,
a quitté le château, un peu de joie
et un peu de soleil vont enfin rentrer dans la maison...
Il était temps! Car depuis ta venue,
on n'a vu ici qu'en chuchotant autour d'une chambre fermée...
Et vraiment, j'avais pitié toi, Mélisande...
Je t'observais, tu étais là, insouciante peut-être,
mais avec l'air étrange et égaré de quelqu'un
qui attendrait toujours un grand malheur, au soleil, dans un beau jardin...
Je ne puis pas expliquer...mais j'étais triste de te voir ainsi,
car tu es trop jeune et trop belle pour vivre déjà jour
et nuit sous l'haleine de la mort... Mais à présent tout cela va changer.
A mon âge, et c'est peut-être là le fruit le plus sûr de ma vie,
A mon âge, j'ai acquis je ne sais quelle foi à la fidélité des évènements,
et j'ai toujours vu que tout être jeune
et bea créait autour de lui des évènements jeunes, beaux et heureux...
Et c'est toi, maintenant, qui vas ouvrir la port
A l'ére nouvelle que j'entrevois...
Viens ici; pourquoi restes-tu là sans répondre et sans lever les yeux?
Je ne t'ai embrassée qu'une seule fois jusqu'ici, le jour de ta venue;
et cependant les vieillards ont besoin quelquefois,
de toucher de leurs lèvres le front d'une femme ou la joue d'un enfant,
pour croire à la fraîcheur de la vie
et éloigner un moment les menaces de la mort.
As-tu peur de mes vieilles lèvres?
Comme j'avais pitié de toi ces mois-ci... Eh bien, mon épée?
Pourquoi tremblez-vous ainsi?
Je ne vais pas vous tuer.
Je voulais simplement examiner la lame.
Je n'emploie pas l'épée à ces usages.
Pourquoi m'examinez-vous comme un pauvre?
Je ne viens pas vous demander l'aumène.
Vous espérez vois quelque chose dans mes yeux sans
que je voie quelque chose dans les vôtres?
Croyez-vous que je sache quelque chose?
Voyez-vous ces grands yeux...
On dirait qu'ils sont fiers d'être riches... Oh! cette pierre est lourde...
Elle est plus lourde que moi...
Elle est plus lourde que tout le monde.
Elle est plus lourde que tout...
Je vois ma balle d'or entre le rocher et cette méchante pierre,
et je ne puis pas y atteindre...
Mon petit bras n'est pas assez long et cette pierre
ne veut pas être soulevée...
On dirait qu'elle a des racines dans la terre... Oh! oh! j'entends pleurer les moutons...
Tiens!
Il n'y a plus de soleil...
Ils arrivent les petits moutons; ils arrivent...
Il y en a! Il y en a!
Ils ont peur du noir...
Ils se serrent! ils se serrent!
Ils pleurent et ils vont vite!
Il y en a qui voudraient prendre à droite...
Ils voudraient tous aller à droite...
Ils ne peuvent pas!
Le berger leur jette de la terre...
Ah! ah! Ils vont passer ici...
Je vais les voir de près.
Comme il y en a!
Maintenant ils se taisent tous...
Berger! Pourquoi ne parlent-ils plus? Où vont-ils?
Berger? berger? où vont-ils?
Il ne m'entend plus. Ils sont déjà trop loin...
Ils ne font plus de bruit...
Ce n'est pas le chemin de l'étable...
où vont-ils dormir cette nuit?
Oh! oh! il fait trop noir...
Je vais dire quelque chose à quelqu'un... C'est le dernier soir...le dernier soir...
Il faut que tout finisse...
J'ai joué comme un enfant autour d'une chose
que je ne soupçonnais pas...
J'ai joué en rêve, au tour des pièges de la destinée...
Qui est-ce qui m'a réveillé tout à coup?
Je vais fuir en criant de joie et de douleur comme un aveugle
qui fuirait l'incendie de sa maison.
Je vais lui dire que je vais fuir... レス数が950を超えています。1000を超えると書き込みができなくなります。